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Coscette di rane marinate al cocco con pepe di Sichuan e mangostano

La nuova ricetta di Chef Rosato “Coscette di rane marinate al cocco con pepe di Sichuan e mangostano” è dedicata a uno degli ingredienti sui quali ci sono ancora oggi alcune riserve tra i buongustai.

Ampiamente braccate in epoca medievale (quando il loro utilizzo era legato soprattutto ai miti di stregoneria), le rane hanno avuto inoltre un ruolo di primo piano nel mondo della letteratura e dello spettacolo.

La ricetta è abbinata ad una vellutata di pisellini freschi e a due ingredienti molto esclusivi dal punto di vista aromatico e del sapore come il pepe di Sichuan e il mangostano.

 

Non sempre dove c’è acqua ci sono rane, ma là dove si sentono gracidare le rane c’è acqua” (Johann Wolfgang Goethe).

In questo aforisma del famoso drammaturgo tedesco è racchiusa, in estrema sintesi, tutta la storia sulla presenza delle rane in natura.

E non a caso la loro diffusione è sempre stata particolarmente rilevante nelle area palustri e, soprattutto, nelle zone umide a ridosso delle risaie.

In particolar modo in Italia dove la concentrazione di questi anfibi è sempre stata molto intensa in Piemonte e in Veneto, regioni che vantano alcune tra le maggiori produzioni di riso al mondo.

Ampiamente braccate in epoca medievale (quando il loro utilizzo era legato soprattutto ai miti di stregoneria) le rane hanno avuto inoltre un ruolo di primo piano nel mondo della letteratura e dello spettacolo.

Dalle fiabe di Fedro (Il bue e la rana), riprese anche da Orazio e La Fontaine, a quelle dei fratelli Grimm (Il principe ranocchio), dai personaggi del Muppet Show (Kermit la rana) all’horror-cult (Frogs) del 1972 interpretato da Ray Milland.

Senza dimenticare i proverbi e i modi di dire (la rana nel pozzo, gonfio come una rana, ingoiare il rospo, fuori il rospo), le barzellette (la rana dalla bocca larga, la rana e lo scorpione) o la storia della scienza (la rana di Galvani).

Dal punto di vista alimentare anche per le rane, come nel caso delle lumache, c’è sempre stata l’eterna lotta tra coloro che le rifiutano a priori e chi le considera una vera prelibatezza, al punto da meritare a pieno titolo un posto d’onore anche nella cucina gourmet.

Inizialmente le rane, a partire dall’epoca medievale, costituivano un alimento povero destinato solitamente alla classi meno abbienti che, non potendosi permettere alcun tipo di carne in dispensa, ricorreva alla cattura degli anfibi (soprattutto di notte, con l’ausilio di lampade) per sfamare la famiglia.

Questa consuetudine, molto diffusa in Europa (soprattutto in Francia e in Italia), iniziò lentamente a regredire fino ad esaurirsi praticamente del tutto in seguito al boom economico del dopoguerra, negli anni ’50 e ’60.

Situazione ulteriormente consolidata in seguito all’avvio di una serie di bonifiche attuate nelle maggiori zone umide della penisola.

A diradare ancora di più la presenza delle rane in cucina ha contribuito inoltre anche l’introduzione delle normative emanate dal Ministero delle politiche agricole alimentari in merito alla loro cattura.

Queste, oltre a vietare l’uso delle lampade di notte, limitano le battute (con nel caso della classica stagione venatoria) al periodo compreso tra il 1 ottobre e il 30 giugno, oltre a stabilire quantitativi ben definiti (5 kg o 50 esemplari a testa).

Questi fattori hanno determinato una netta contrazione dei consumi e oggi in Italia, a parte le piccole quantità catturate a livello selvatico, la maggior parte delle rane che arrivano in cucina provengono dall’estero.

Già macellate e pronte all’uso, le rane arrivano direttamente dagli allevamenti situati ad di fuori dell’Unione Europea.

Soprattutto dall’Asia (Cina e Vietnam) e, in misura minore dal Messico, mentre l’importazione europea vedono la Romania e l’Albania in pole position.

Per quanto riguarda l’utilizzo in cucina le rane sono note soprattutto nella versione fritta, o in quella in guazzetto, oltre ad abbinamenti con risotti, zuppe e frittate.

La carne, molto gustosa e priva di grassi, si presta a molte preparazioni sia nell’ambito del fine dining che in quello della cucina gourmet, soprattutto usando la parte più pregiata (e ricca di carne) rappresentata dalle coscette.

E sono proprio queste ultime le protagoniste della nostra ricetta “Coscette di rane marinate al cocco con pepe di Sichuan e mangostano”, abbinata ad una vellutata di pisellini freschi e a due ingredienti altrettanto esclusivi come il pepe di Sichuan e il mangostano.

Il pepe di Sichuan (il nome deriva dalla regione della Cina dalla quale proviene) è una spezia estremamente aromatica la cui bacca assomiglia a quella del pepe nero, ma in realtà appartiene ad un’altra famiglia di piante.

Il suo aroma, meno intenso del pepe e del peperoncino, sprigiona anche fragranze agrumate che esaltano ulteriormente il gusto di alcuni piatti a base di carne o, come nella cucina giapponese, di svariate combinazioni di zuppe.

L’abbinamento con gli spicchi di mangostano, un frutto tropicale delle isole della Sonda dalla consistenza burrosa e dal profumo dolce e aromatico (simile a quelli della rosa e del litchi), si accosta ottimamente alla delicatezza delle coscette di rana esaltandone sensibilmente il gusto.

 

Ingredienti per 2 persone:

6 rane

1 mangostano (6 spicchi)

2 noci di cocco

50 g di cocco disidratato

50 ml di vino bianco secco

2 spicchi di aglio

1 scalogno

50 g di burro chiarificato

15 g di pepe di Sichuan

15 g di polvere di rosmarino

200 g di piselli

10 fiori di rosmarino

Olioevo

Sale

 

Preparazione

Per la marinatura (8/12 h):

Tagliare la calotta superiore della noce di cocco e versare il latte in una boule di vetro al cui interno abbiamo inserito le coscette di rana.

Se la quantità di latte di cocco non fosse sufficiente per ricoprire tutta la carne, aggiungere del vino bianco secco. Mettere in frigo e lasciar marinare per 8/12 ore.

Per la vellutata di pisellini (20 min):

Bollire i piselli per 10/15 minuti, lasciar raffreddare e versare nel mixer assieme a due cucchiai di olioevo, sale e pepe di Sichuan.

Frullare il composto e, successivamente, filtrare tutto in un colino a maglie strette o in una chinoise.

Per la cottura in forno (1h e 10 min):

A fine marinatura inserire le rane nelle noci di cocco assieme al liquido di marinatura, aggiungendo le scaglie di cocco disidratato, sale, pepe di Sichuan e polvere di rosmarino.

Per assicurare una buona stabilità alle noci di cocco è consigliabile inserirle all’interno di un coppapasta (10/12 cm) in grado di mantenere un costante assetto verticale nel corso della cottura in forno (1h a 150° in modalità statica).

Per la cottura in padella (25 min):

Rosolare l’aglio  (in camicia) e lo scalogno finemente sminuzzato nel burro chiarificato utilizzando una padella antiaderente.

A cottura ultimata togliere l’aglio e versare le coscette di rana già cotte in forno.

Rosolare per 15/20 minuti per lato, sfumando con del vino bianco nella parte finale.

 

Impiattamento:

Disporre la vellutata di pisellini all’interno del piatto (l’ideale è il “cappello del prete”), adagiare le rane a raggiera e inserire tra le coscette gli spicchi di mangostano.

Completare il dressage con alcune scaglie di cocco disidratato e, per un ulteriore tocco cromatico, aggiungere alcuni fiori di rosmarino (facilmente reperibili nella stagione primaverile).

Le “Coscette di rane marinate al cocco con pepe di Sichuan e mangostano” sono pronte per andare in tavola.

 

Bevanda consigliata:

Sauvignon Colli Berici Casara Roveri – Cantine Dal Maso.

Questo vino bianco, dall’aroma piacevole e ricco di aromi fruttati con sentori di piante esotiche e profumi floreali, è uno dei più apprezzati Sauvignon veneti.

Ideale sia come aperitivo che per accompagnare carni bianche e crostacei, si presta benissimo ad abbinamenti con risotti e secondi piatti a base di rane.

La temperatura di servizio è compresa tra i 10 e i 12 gradi. 

Chef Giorgio Rosato

 

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