L’abbinamento dei cibi in cucina ha sempre rappresentato un argomento molto controverso, in grado di coinvolgere animatamente sia gli chef del fine dining che i buongustai appassionati dell’easy dining. A cominciare dell’annosa diatriba del parmigiano sulla pasta alle vongole, o dall’altrettanto vivace disputa in merito alla cottura delle ostriche.
Fino a qualche anno fa infatti se qualcuno osava chiedere del formaggio grattugiato dopo aver ordinato uno “Spaghetto allo scoglio”, veniva subito folgorato dal maître con un piglio di disapprovazione o, nel migliore dei casi, doveva sottoporsi all’inevitabile dileggio dei commensali. Quasi avesse aggiunto la panna alla carbonara!
Situazione analoga per le ostriche che, nella nostra tradizione culinaria, devono essere consumate rigorosamente al naturale e condite solo con alcune gocce di limone. In realtà entrambe le situazioni scaturiscono da consuetudini alimentari ormai datate e prive di qualsiasi corrispondenza pratica, e sono legate esclusivamente ai gusti personali e ai trend più in voga al momento. Fortunatamente oggi nessuno si meraviglia più se qualcuno aggiunge il parmigiano alla pasta col pesce, o scopre (soprattutto dopo aver verificato di persona) che in Finlandia uno dei piatti preferiti è il salmone al forno farcito con l’emmenthal, o che nei food-truck di Tokyo e nei templi gastronomici più raffinati ed esclusivi della Grande Mela spopolano le ostriche gratinate con scamorza affumicata. Per non parlare di quelle buone forchette, amanti della cucina regionale, che per anni hanno gustato le “Code alla vaccinara” del tutto ignari che uno degli ingredienti fondamentali della ricetta originale è il cioccolato amaro.
Da una decina di anni inoltre l’argomento degli abbinamenti tra i diversi ingredienti utilizzati in cucina non è più legato al caso, né all’estro e all’incessante lavoro di ricerca degli chef più creativi, ma ha subito una svolta radicale grazie all’introduzione di una nuova disciplina mutuata, come in altri ambiti legati al cibo, direttamente dal mondo della chimica.
Tra queste, una delle più rivoluzionarie e innovative, ancora nella fase embrionale del work in progress, è senz’altro quella del food pairing.
Questa disciplina (tradotto alla lettera come accoppiamento del cibo, suona meglio in italiano come abbinamento alimentare) è relativamente recente nel settore del food. Ed è stata traghettata dal mondo della chimica a quello della cucina dalla londinese Niki Segnit (Marketing Manager nel Food&Beverage) che nel 2010, con un ponderoso volume di 400 pagine (“La grammatica dei Sapori”) ha tracciato un nuovo punto di partenza per la cucina internazionale, aprendo agli chef nuovi e sconfinati orizzonti grazie all’idea di abbinare gli ingredienti in base alla presenza nelle rispettive composizioni chimiche di una o più catene aromatiche comuni. Si scopre così che alcuni accostamenti apparentemente insoliti o quantomeno bizzarri, come caviale/cioccolato, banane/prezzemolo o salmone/liquirizia si rivelano particolarmente indovinati (e gradevoli al palato) grazie alla presenza di alcune catene aromatiche comuni presenti nelle rispettive strutture molecolari. L’applicazione del food pairing consente inoltre di associare diverse ingredienti anche se sprovvisti di catene aromatiche simili, grazie ad una considerazione analoga a quella espressa nel vecchio adagio popolare “gli amici degli amici sono miei amici”.
Uno degli esempi più classici è rappresentato dall’abbinamento tra aglio e cioccolato, apparentemente inconciliabili tra loro. Questi due ingredienti non hanno alcuna catena aromatica in comune, ma aggiungendo un terzo elemento come il caffè si riesce (grazie alla presenza di catene aromatiche in comune sia con l’aglio che con il cioccolato) a scovare nuovi e interessanti abbinamenti che, ulteriormente rielaborati, possono dare origine ad insolite ricette gourmet. E anche in questo caso, come avviene sempre in cucina, l’unico limite è legato alla fantasia e alla creatività dello chef. Qualche idea? Dalle semplici praline (aglio, caffè e cioccolato) ricoperte di scaglie di cocco ai brownies realizzati aggiungendo i tre ingredienti alla ricetta originale, dall’aragosta al cioccolato (con aglio e caffè) al petto d’anatra in oliocottura con aglio, servito con riduzione di cioccolato e caffè.
Indubbiamente il libro dell’autrice inglese è un ottimo capolinea di partenza ed offre elementi che delineano già la via da percorrere per chiunque voglia cimentarsi nei primi tentativi di food pairing; grazie ai numerosi suggerimenti e allo schema generale sugli alimenti che individuano 99 sapori diversi e 4.851 abbinamenti. Tuttavia anche se la strada è lunga e complessa, oltre che onerosa per i costi dei laboratori che devono individuare le catene aromatiche dei vari alimenti, c’è da auspicarsi che un sempre maggior numero di chef decida di intraprendere questa nuova e affascinante esplorazione in cucina e lanciarsi alla scoperta di inediti abbinamenti.
Del resto come sosteneva lo scienziato Albert Szent-Györgyi, Nobel per la medicina nel 1937, “La ricerca consiste nel guardare ciò che altri hanno già osservato e nel pensare ciò che nessun altro ha mai pensato”.