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DI VINI, OCHE E CASTELLI

Storie e curiosità di un territorio un tempo più potente della Serenissima: i Colli Euganei (e la sua Strada del Vino)

 

Il Fior d’Arancio è un vitigno raro, di probabile origine siriana, che negli Euganei ha trovato il terroir ideale per diventare fiore all’occhiello dei “Colli di Venezia”. In pratica la versione locale del Moscato Giallo, con un bouquet che ricorda sapori e profumi di agrumi e zagara. Il Serprino invece è un bianco leggero e profumato, con sentori di piccoli fiori bianchi. Vini pregiati, ottenuti da uve rosse e bianche: Merlot, Cabernet Sauvignon, Garganega, Tai, Chardonnay.

Ѐ il 2002 quando aziende vinicole, frantoi, distillerie, botteghe enogastronomiche e strutture ricettive – assieme a Comuni, Associazioni e Enti del territorio – creano la Strada del Vino Colli Euganei. Il progetto è di quelli ambiziosi: valorizzare e trasformare l’area collinare vulcanica in un patrimonio turistico naturale dove accompagnare alla scoperta di vini e prodotti locali, luoghi d’arte e di cultura. Cantine per piacevoli assaggi di nettare d’uva e trattorie in cui gustare le migliori espressioni stagionali degli orti: i Colli Euganei ne offrono in tutto il territorio, in un contesto ambientale e storico che si snoda fra pievi secolari, castelli medievali e dimore patrizie.

Un itinerario nel Veneto, questo, che inizia a Teolo, dall’abbazia di Praglia, uno dei più antichi monasteri benedettini, fondato nel XII secolo. I religiosi che vi abitano vivono nella regola di San Benedetto (“ora et labora”) dedicandosi a preghiera e lavoro, fra cui la produzione di vino. Gli undici ettari vitati dell’abbazia producono bianchi e rossi, spumanti dolci o metodo classico, passiti o frizzanti, ottenuti da una micro vinificazione artigianale. La secolare esperienza dei monaci è ancora oggi ben presente: grazie ai documenti d’archivio dell’antica spezieria del monastero, rimedi naturali (tisane, infusi, cosmesi) continuano la tradizione a fianco di varietà differenti di miele (acacia, balsamico, melata e tiglio) prodotto dalle arnie dell’abbazia.

A raccontare il nuovo progetto enologico dell’abbazia, che punta a una viticoltura rispettosa dell’ambiente e del consumatore, è l’abate Stefano Visintin, assieme al perito agrario Emanuele Lunardi. Nella cantina restaurata del monastero, dove gli strumenti della più recente tecnologia enologica s’integrano con la bellezza austera di volte quattrocentesche, si producono e imbottigliano le 18 etichette di vini a marchio Praglia. Ed è sempre qui che, durante opere di ripristino, sono stati riportati alla luce gli spazi dell’antica cisterna dell’acqua dove i migliori bianchi e rossi si affinano prima dell’imbottigliamento. “Per ogni tipologia di vino produciamo non più di 4mila bottiglie, con una commercializzazione a 60 mesi di affinamento sui lieviti, tra cui una versione nature” spiega Lunardi.

Oltre alla chiesa della Beata Vergine Maria Assunta, cuore del monastero, ci sono la sala capitolare del XV-XVI secolo, il chiostro pensile e quello botanico, il refettorio monumentale con l’affresco della Crocifissione di Bartolomeo Montagna e la biblioteca monumentale con scaffalatura a parete del 1700. Uno spazio, quest’ultimo, che custodisce più di 100mila volumi di teologia, storia, letteratura e filosofia impreziosito da un maestoso soffitto decorato da tele di Gian Battista Zelotti. L’abbazia ospita inoltre un laboratorio dove il restauratore di beni culturali Alberto Benato si occupa di riportare al loro splendore libri e pergamene antiche utilizzando fibre, materiali e colle compatibili con i supporti originali e un laboratorio di essicazione del tabacco con cui viene prodotto l’Antico Sigaro Nostrano del Brenta.

In ambito gastronomico, a valorizzare le tradizioni del territorio, l’Enotrattoria da Serafino, a Torreglia (via San Daniele, 57), è uno dei luoghi da non perdere. Pasta fatta a mano, baccalà nelle varie declinazioni e piatti tipici della cucina casalinga veneta si affiancano a menù stagionali, come quello a base di oca, tipica pietanza da gustare se si è da queste parti nel mese di novembre. “La storia dell’oca di San Martin? L’11 novembre coincideva nelle campagne con la fine del lavoro dei contadini: se il padrone non chiedeva di restare a lavorare per l’anno dopo, bisognava traslocare e cercare un altro podere –spiega Michele Littamé, allevatore di oche- Divenne poi abitudine anche nelle città cambiar casa l’11 novembre, giorno di San Martino, e in quel giorno, che precedeva il digiuno in vista del Natale, si usava fare una grande mangiata di oca e biscotti”. La famiglia Baù – Serafino, la moglie Michela e i figli Alberto, Giacomo e Matteo – è riuscita a trasmettere a chi siede ai tavoli della trattoria la passione per le cose buone e il buon bere, con progetti legati alle bollicine e al vino d’autore. Da assaggiare assolutamente sono il risotto con ventrigli e fiori d’arancia, la tagliata di petto d’anatra affinata al vino rosso e marmellata, la pasta al ragù d’anatra o al musso. E anche la pasticceria (opera di Michela) che ha aggiunto creatività ai dolci della tradizione. Fra i vini che si possono sorseggiare ci sono anche quelli dell’azienda vitivinicola Cà Lustra Zanovello, certificata biologica dal 2012, con Linda e Marco che portano avanti la tradizione di famiglia e di amore per la terra che era di papà Franco. E i nettari d’uva di Quota 101 (per via dell’altitudine a cui si trova l’azienda), cantina biologica immersa nella natura di Torreglia, appena fuori Padova.

Monte Fasolo, a Cinto Euganeo, è una splendida azienda agricola sulle pendici orientali dei colli, fra viti e uliveti a perdita d’occhio: per raggiungerla si passa dal borgo medievale di Arquà Petrarca dove sorge anche l’ultima dimora del grande poeta umanista. Si racconta che Petrarca indulgesse molto raramente al vino ma che, dopo il consiglio del medico (tale Giovanni Dondi) di berlo al posto dell’acqua, si convinse che un “un goccio di vino possa offrire senz’altro benessere”. Di proprietà della famiglia Rossi Luciani, Monte Fasolo produce vini e olio extra vergine d’oliva di qualità, nel rispetto del territorio e delle sue tradizioni, come racconta Giulia Briguglio, responsabile marketing e wine experience: “Monte Fasolo e la vicina tenuta Le Volpi (nel territorio di Baone), unite in un’unica azienda, con oltre 200 ettari rappresentano l’attività vitivinicola privata più estesa dei Colli Euganei”. Nell’enoteca gli ottimi vini locali si possono gustare con i famosi “cicchetti veneti”, gli antenati dell’attuale finger food: gallina in saor “scudellaro”, polpette, formaggi e composte, gorgonzola con pere ripassate in padella e noci. Ma anche bigoli, zuppe e taglieri di formaggi e salumi (per chi ha più appetito!).

Sempre a Cinto Euganeo c’è il frantoio di Valnogaredo, nato nel 1960 nella barchessa (tipico edificio rurale veneto di servizio) della maestosa Villa Contarini Piva, grazie a Oreste Barbiero, padre di Paolo, che oggi lo gestisce assieme alla moglie Pierangela e al figlio Filippo. Ogni anno qui si lavorano 10mila quintali di olive che producono, fra l’altro, un eccellente olio extravergine di varietà Rasara e Marzemina, raccolte rigorosamente a mano. Ci sono poi il biologico, il D.O.P., gli aromatizzati al limone e al rosmarino. Dopo aver visitato il frantoio, attivo con due linee di produzione, una tradizionale con macine in pietra e l’altra ad estrazione continua a freddo, si può curiosare nella bottega che offre ottimi prodotti dei Colli Euganei, vino compreso. “Valnogaredo è terra d’olio extravergine ma è anche un borgo con tracce di preistoria e con una chiesa settecentesca, quella di San Bartolomeo, sotto il cui altare maggiore giacciono le spoglie di un Santo papa, Adeodato I” racconta Paolo Barbiero.

Una dozzina di km da Cinto Euganeo, a Battaglia Terme, il castello del Catajo, fatto costruire dagli Obizzi, famiglia di origine borgognona, è fra le dimore storiche più importanti d’Europa. Villa principesca e alloggio militare, cenacolo letterario e reggia imperiale, questa dimora deriverebbe il suo nome, secondo alcuni, dal Catai, la Cina visitata da Marco Polo, ai cui palazzi imperiale doveva ispirarsi. In realtà il nome fa riferimento al luogo dove sorge la Ca del Tajio, ovvero la “tenuta del taglio”, probabilmente lo scavo del Canale di Battaglia che divideva a metà gli appezzamenti agricoli. Fra le curiosità della reggia c’è, all’ingresso, la fontana di un elefante con gli occhi a mandorla; all’interno gli affreschi del piano nobile del castello rappresentano battaglie terrestri e navali e alberi genealogici ma anche particolari della vita dell’epoca come l’usanza di inserire, attraverso le tasche degli abiti sontuosi, la pelliccia di un animale per far sì che le pulci, dovute alla scarsa igiene personale, vi si annidassero anziché rimanere sulla pelle umana. Il Catajo, che come tutti i castelli ha il suo fantasma (quello di Lucrezia, moglie di Enea II Obizzi, assassinata nel 1654 con una rasoiata al collo), si affaccia sul Giardino delle Delizie rispecchiandosi in parte nelle acque della grande peschiera circondata da antichi roseti, una collezione di agrumi in vaso, una sequoia maestosa e ue gigantesche magnolie del ‘700, le più vecchie d’Italia e forse d’Europa.

Da 25 anni regno indiscusso della famiglia Legnaro, l’Antica Trattoria Ballotta di Torreglia (via Romana, 57) è il ristorante più antico dei Colli Euganei: era il 1605 quando iniziò ad essere meta fissa per viaggiatori in sosta per rifocillarsi e far riposare i loro cavalli. Pare che qui, nel tempo, si siano fermati Foscolo, Galileo, Goethe e D’Annunzio. Oggi la trattoria è uno dei locali simbolo della padovanità a tavola: dalla cucina escono piatti a base di gallina padovana, bigoli, “risi e bisi” e tante altre specialità da gustare anche ai tavoli dell’elegante veranda, un tempo officina per riparare le antiche carrozze, e del suo patio all’ombra dei glicini. Fu qui, ai tavoli del ristorante dell’allora proprietario Toni Carta detto “Ballotta” (per via della stazza non proprio filiforme!), che nacque l’Accademia Italiana della Cucina grazie a Orio Vergani, suo ideatore.  Ad Abano Terme (via Marzia, 46), Fabio Legnaro ha inaugurato anche le Osterie Meccaniche, location unica nel suo genere dove cenare ammirando modelli di auto sportive e d’epoca. “Torreglia è un paesino di 6 mila abitanti con 37 ristoranti, 2 cantine e 700 persone che lavorano nella ristorazione -spiega Legnaro-In pratica è la Food Valley dei Colli Euganei tanto da far nascere le Tavole Tauriliane, un’associazione che riunisce ristoratori e si propone di creare un’offerta enogastronomica capace di valorizzare il territorio a tutto tondo”.

 A Luvigliano di Torreglia, nel cuore dei Colli Euganei, la splendida Villa dei Vescovi, di inizio Cinquecento, è un altro gioiello del territorio. Donata nel 2005 al FAI da Maria Teresa Olcese Valoti, seconda moglie dell’imprenditore milanese Vittorio Olcese, e dal figlio Pierpaolo, è fra i beni che il Fondo per l’Ambiente ha restaurato e aperto al pubblico. Un tempo residenza estiva dei vescovi, in questa villa, che vanta, al piano superiore, interni affrescati dal pittore fiammingo Lambert Sustris, ha sede l’enoteca della Strada del Vino Colli Euganei: un wine bar e shop con vini, oli, salumi di produzione artigianale, birre e confetture, tutto rigorosamente made in Colli Euganei. “L’enoturismo è fare cultura del vino: questo è il messaggio che ci preme far passare alla gente – spiega Roberto Gardina, presidente di Strada del Vino Colli Euganei oltre che titolare e viticoltore dell’azienda Quota 101 – indirizzando il turismo di questi splendidi luoghi, che ogni anno accolgono 3 milioni e mezzo di turisti, ad una visita consapevole del territorio. Qualità dei prodotti e rispetto dell’ambiente sono i punti cardine della nostra filosofia per la promozione di una zona che vanta, fra l’altro, la più alta biodiversità d’Italia”.

 Sarde, polpette, salumi e formaggi sono protagonisti dei già citati “cicchetti veneti” che si possono gustare anche all’Osteria Volante di Torreglia (via San Daniele, 173). Nel menù di questo locale, arredato volutamente anche con oggetti di recupero, ci sono ottimi “cio’tolieri”, vassoi in legno con finger food, da gustare in compagnia. Il piano inferiore dell’osteria è dedicato agli aperitivi, la saletta al piano superiore, in cui si trova una deliziosa libreria, è ideale per una serata in maggiore tranquillità. Da assaggiare anche i tortellini fritti, con crema ai formaggi, e il giro polpette (carne, pesce, ortaggi di stagione, salse fatte in casa) che sono stratosferici come il tagliere di formaggi.

Vini, oche e castelli: cos’altro nei Colli Euganei? Le terme ovviamente. Quelle Euganee sono la più grande stazione termale d’Europa, riconosciuta a livello internazionale per i trattamenti curativi e di prevenzione effettuati con acque ipertermali e fanghi di qualità certificata. Il Grand Hotel Trieste & Victoria di Abano Terme, 5 *, ha un incantevole parco con 5 piscine termali e una White Spa (fanghi detox e anti-aging, massaggi e altri trattamenti di bellezza) oltre a saloni Belle Epoque. Gli arredi storici, i quadri e i lampadari di Murano parlano dello stile originario di un hotel nato nel 1912 e divenuto subito riferimento per la clientela internazionale. Nella camera 106, nel novembre 1918 il generale Diaz firmò il Bollettino della Vittoria che chiuse la Grande Guerra: oggi è una delle suite più suggestive dell’hotel con ancora la scrivania del generale e la specchiera dell’epoca.

Testo e foto Sonja Vietto Ramus

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