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Macedonia con gelificazione di kiwi, spumoso di mango, bolle di anguria e schiuma di maraschino

La nuova ricetta di Chef Rosato ci presenta una serie di elaborazioni di ingredienti ottenuta grazie all’applicazione di alcune tecniche adottate solitamente nella cucina molecolare.

Nella “Macedonia con gelificazione di kiwi, spumoso di mango, bolle di anguria e schiuma di maraschino” le diverse varietà di frutta assumono nuove forme e nuove consistenze che creano un dressage molto particolare.

La frutta è abbinata naturalmente al classico maraschino, il tradizionale liquore di origine dalmata che rappresenta uno degli alcoolici più utilizzati nella correzione di gelati e macedonie.

 

La scoperta e l’utilizzo della frutta nell’alimentazione degli esseri viventi ha origini assai remote, anteriori persino alla comparsa dell’uomo sulla Terra quando, circa 1,8 milioni di anni fa, le scimmie africane fino ad allora abituate al consumo di una dieta a base di tuberi, semi e radici, iniziarono a cibarsi anche dei frutti che crescevano sugli alberi.

Con l’arrivo dell’Homo sapiens, e della successiva evoluzione che determinò il passaggio dalla vita nomade a quella stanziale, nascono i primi insediamenti stabili dove nel corso dei secoli vengono allestiti i tentativi iniziali per avviare le antesignane coltivazioni di alberi da frutta.

I primi esiti positivi di questi procedimenti risalgono al 10.000 a.C. quando comparve per la prima volta la banana, considerato uno dei frutti più antichi della storia, nei territori della penisola indo-malaysiana (Papua Nuova Guinea), per diffondersi successivamente nelle Filippine e nel Pacifico (Hawaii e Polinesia).

Fino ad arrivare in Europa (III sec. a.C.), per approdare quindi in seguito alla scoperta Nuovo Mondo (XVI sec.) in tutto il Sudamerica.

Altrettanto remota è l’origine del cocomero (l’antico citrullus dei Latini), noto in Egitto fin dal 4.000 a.C. e i cui semi sono stati rinvenuti anche nella Tomba di Tutankhamon.

Per gli antichi Egizi costituiva infatti una preziosa riserva di acqua per accompagnare il grande viaggio nell’aldilà del faraone.

Con l’incontro e la contaminazione del mondo occidentale con le antiche colture asiatiche, e successivamente con la sconosciuta flora americana, sia il numero di specie che quello relativo alle tecniche di coltivazione si ampliano notevolmente innescando quel meccanismo che, come si direbbe oggi, ha dato origine alla globalizzazione della frutta.

Fenomeno ulteriormente esaltato dalla rivoluzione agraria di fine Ottocento quando gli alberi da frutta, sconfinando dagli abituali ambiti territoriali dei giardini e degli orti domestici, iniziano a diffondersi anche lungo le pianure, le colline e i terrazzamenti allestiti a ridosso delle montagne, divenendo il protagonista assoluto del paesaggio mediterraneo.

Una tale abbondanza di frutta gustosa e colorata non poteva non suscitare la curiosità dei cuochi medievali e rinascimentali che, ben presto, iniziarono ad utilizzare ogni tipo di frutta disponibile per realizzare nuovi piatti e soddisfare le richieste degli esigenti palati di corte.

Nacquero così i primi dolci a base di frutta, e tutti gli accostamenti possibili con gli altri ingredienti; tra questi, uno dei più noti e apprezzati era quello formato da un mix di vari tipi di frutta con il vino, abbinamento che in pratica portò alla creazione dei primi dessert alla frutta.

L’utilizzo (e la combinazione) di tecniche innovative consente inoltre oggi di preparare una vasta gamma di dessert gourmet alla frutta che, abbinata ad un dressage raffinato, assicura eccellenti risultati nella chiusura di un menu importante. Soprattutto nella bella stagione.

L’estate rappresenta infatti un periodo legato ad un abbondante consumo di frutta, decisamente superiore a quello registrato nel corso dell’anno. E non solo in virtù del clima, la cui temperatura suggerisce una alimentazione più leggera ed equilibrata, ma anche per l’estrema varietà offerta nei mesi estivi, non soltanto per quanto riguarda la frutta tropicale.

Non dimentichiamo infatti che ormai molte specie vengono prodotte da anni regolarmente anche in Italia, come ad esempio il kiwi (nel 2006 il nostro Paese è stato il primo produttore al mondo), il mango e l’avocado (entrambi coltivati in Sicilia, Puglia e Calabria).

Per la nostra “Macedonia con gelificazione di kiwi, spumoso di mango, bolle di anguria e schiuma di maraschino” abbiamo realizzato una macedonia nella quale le tre varietà di frutta hanno subito una radicale trasformazione grazie ad alcune tecniche della cucina molecolare.

La frutta è abbinata naturalmente al classico maraschino, il tradizionale liquore di origine dalmata che rappresenta uno degli alcoolici più utilizzati nella correzione di gelati e macedonie.

Anche il maraschino ha subito una metamorfosi, assumendo per l’occasione l’aspetto di una schiuma densa e stabile, mentre una lieve aggiunta di latte di cocco sottolinea l’atmosfera tropicale della macedonia.

Per la nota croccante infine, la frutta è adagiata su un crumble di noci pecan aromatizzato alla vaniglia.

 

Ingredienti per 4 persone:

2 kiwi

400 g di cocomero

2 mango

200 ml di panna liquida

150 g di farina 00

75 g di zucchero semolato

1 cucchiaio di fiocchi d’avena

100 g di noci pecan

1 bacca di vaniglia

4 cucchiai (ca 60 ml) di miele di castagno

75 g di burro freddo

Sale

600 ml di acqua minerale naturale

200 ml di maraschino

30 ml di latte di cocco

4 g di lecitina di soia

2 g di alginato di sodio

10 g di cloruro di calcio

 

Preparazione (1 h, 15 min)

Per il gel di kiwi:

Con il termine di gelificazione (noto anche come gelatinizzazione) viene definita quella preparazione utilizzata per trasformare qualsiasi ingrediente liquido in un alimento solido che, grazie alla sua consistenza, può essere consumato con le tradizionali posate.

Fino alla seconda metà degli anni Novanta le sostanze più usate per la gelificazione erano l’amido di mais e la colla di pesce, ma oggi si ricorre soprattutto all’agar agar.

Considerato uno degli addensanti più potenti ed efficaci, noto da secoli nella cucina orientale, l’agar agar è un polisaccaride ricavato dalle alghe rosse e in grado di gelificare dieci volte più velocemente della normale gelatina, ma richiede molta attenzione nel dosaggio altrimenti si rischia di rovinare irrimediabilmente la ricetta.

Frullare la polpa di kiwi nel mixer assieme all’agar agar, versando subito dopo il contenuto in un pentolino e portare a bollore per alcuni minuti a fuoco basso, per consentire al gelificante di svolgere la sua azione.

Spegnere il fuoco e, una volta raffreddato il composto, versare tutto in uno stampo di silicone che in breve tempo darà al gel di kiwi la forma desiderata.  Per accelerare il processo si può inserire lo stampo per una decina di minuti in frigorifero.

Per le bolle di anguria:

Per ottenere le bolle di anguria è sufficiente il normale procedimento di sferificazione utilizzato nella cucina molecolare.

Frullare il cocomero (completamente privo di semi) nel mixer fino ad ottenere 200 ml di liquido, aggiungendo contemporaneamente 2 g di alginato di sodio. Versare in una boule di vetro 300 ml di acqua minerale naturale nella quale sono stati disciolti 10 g di cloruro di calcio.

A questo punto versare il succo di cocomero (con una siringa da pasticceria o un cucchiaio, in base alle dimensioni che si vogliono ottenere per le bolle) nell’acqua addizionata al cloruro di calcio.

A contatto con il sale il cocomero si trasforma istantaneamente in una bolla che, a poco a poco, si deposita sul fondo.

Il tempo medio di permanenza delle bolle nell’acqua con cloruro di calcio è sui 30/40 secondi, intervallo sufficiente a creare una pellicola esterna sufficientemente stabile da conservare la forma e al tempo stesso mantenere una consistenza interna abbastanza liquida per assicurare l’esplosione di gusto nel palato.

Tempi più lunghi rischiano di ispessire ulteriormente la pellicola esterna, riducendo la massa liquida all’interno della bolla.

Prelevare le bolle ottenute con una schiumarola, depositandole delicatamente in un terzo recipiente contenente solo acqua; questo passaggio ha il duplice scopo di arrestare al punto giusto il processo di sferificazione, eliminando inoltre il sapore leggermente amarognolo conferito dal cloruro di calcio.

Per lo spumoso mango:

La scelta del tipo di mango nella realizzazione dello spumoso è di fondamentale importanza in questa preparazione, soprattutto per quanto riguarda il livello di maturazione del frutto.

Quelli presenti nella maggior parte dei supermercati infatti, soprattutto se d’importazione, arrivano via mare per cui sono sempre piuttosto acerbi e necessitano di tempi lunghi di maturazione una volta acquistati.

Decisamente migliori sono gli esemplari importati per via aerea il cui grado di maturazione è nella maggior parte dei casi perfetto e il sapore dolcissimo. Costano un po’ di più, ma il risultato è notevole.

Altrettanto importante è la consistenza fibrosa del mango, particolarmente marcata nella parte vicina al grosso seme centrale, per cui la parte da eliminare riduce sensibilmente la quantità di polpa utilizzabile.

Una volta pulito bene il frutto, frullarlo e lungo nel mixer e passarlo in un setaccio a maglie sottili prima di unire il composto alla panna liquida.

Per un risultato ottimale è consigliabile filtrare di nuovo la miscela mango/panna prima di versarla all’interno del sifone.

Agitare bene il sifone e metterlo in frigo per 10/15 minuti prima di impiattare.

Per la schiuma di maraschino:

Le schiume, note anche come arie, costituiscono oggi una delle tecniche più utilizzate nella preparazione di piatti gourmet.

Inventate dal famoso chef spagnolo Ferran Adrià, le schiume sono in pratica delle vaporose creazioni ottenute aggiungendo al liquido da trasformare (dal semplice centrifugato vegetale allo champagne) la lecitina di soia.

Questo fosfolipide, estratto dai semi di soia, ha delle elevate capacità emulsionanti che consentono di creare delle schiume stabili che raggiungono spettacolari effetti creativi, anche se l’ingrediente principale in questo caso è solo l’aria.

Mettere nel mixer il maraschino assieme al latte di cocco e alla lecitina di soia e frullare alla massima velocità fino ad ottenere una schiuma densa e stabile che, nel corso del dressage, verrà presa con un cucchiaio e depositata nel piatto.

Se la consistenza della schiuma è ottimale, una volta depositata sulla frutta, potrà anche essere modellata (entro certi limiti) per creare un effetto di verticalità o conferire una forma piramidale alla struttura.

Per il crumble di noci pecan:

Ispirato ad uno dei classici più rappresentativi della tradizione inglese, ma in questo caso senza mele, il crumble alle noci pecan (ottimo anche consumato da solo) costituisce un’ottima base per la macedonia di frutta.

Mescolare in una boule di vetro la farina con lo zucchero, i fiocchi di avena e il burro tagliato a dadini, aggiungendo un pizzico di sale, e mescolare velocemente a mano fino ad ottenere un composto granulare.

Versare le noci pecan sbriciolate grossolanamente assieme al miele di castagno e alla polpa di vaniglia e lasciare riposare in frigo per almeno mezz’ora.

Inserire l’impasto in un coppapasta sufficiente a fare da base alla macedonia (6/8 cm) e procedere alla cottura in forno (180° per 30 minuti in modalità statica) e lasciare raffreddare bene prima dell’impiattamento, inserendo il crumble se necessario di nuovo in frigo per una decina di minuti.

 

Impiattamento:

Collocare al centro del piatto il crumble di noci pecan, depositandovi sopra le bolle di cocomero, il gel di kiwi e lo spumoso di mango, aggiungendo anche qualche strisciolina di kiwi con i semini per dare un ulteriore contrasto cromatico.

Inserire la schiuma di maraschino sul lato destro della composizione e il piatto è pronto.

Volendo esaltare l’aroma di maraschino si può aggiungere infine qualche spruzzo vaporizzato di liquore inserito in un flaconcino spray.

 

Bevanda consigliata:

Colli Euganei Moscato Secco Sirio DOC – Cantine Vignalta.

Valutato da una delle più autorevoli guide enologiche come “Uno dei migliori vini aromatici d’Italia”, questa etichetta presenta un colore giallo paglierino, con tonalità più o meno intense in base all’illuminazione, e rivela un profumo altrettanto vigoroso abbinato al caratteristico sapore deciso del Moscato.

Ottimo anche come aperitivo o in abbinamento con sushi e carni bianche, si combina benissimo con macedonie di frutta e altri dessert come crepes e dolci cremosi o a base di mandorle.

La temperatura di servizio è compresa tra i 10 e i 12 gradi.

Chef Giorgio Rosato  

 

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