Nubi grigie sulle rosse. Scricchiola la poltrona più importante di Maranello. Ma non è un tremolìo qualsiasi, di quelli cui si può rimediare semplicemente chiamando il falegname. Riguarda infatti la Presidenza perché, come accade quasi sempre quando le cose non vanno per il verso giusto, finisce che a pagare sia il numero uno.
La Ferrari, si sa, in questo momento non brilla. A zoppicare non è certo la vendita delle preziose vetture di serie, oggetto del desiderio in tutto il mondo. Prodotte in numero chiuso, vanno a ruba e costituiscono il vero, ottimo, business per la parte commerciale dell’azienda.
I problemi investono invece la gestione sportiva, quella delle corse. Non vince campionati ormai da 6 anni, cioè dopo l’epoca d’oro che le portò una quindicina di titoli mondiali, fra “Piloti” e “Costruttori”. Le ragioni di quel successo c’erano e come: i massicci investimenti operati per creare una vettura assolutamente competitiva; la presenza di uno stratega della Formula Uno come Jean Todt; l’apporto di un vero fuoriclasse come Michael Schumacher, al tempo il migliore pilota in circolazione. Dunque sono venute a mancare delle componenti forti. Ma il tutto non basta a spiegare la recente e attuale crisi. La macchina ha qualche problemino, vedi l’arresto a Monza e il conseguente ritiro.
Marchionne non sopporta che i risultati siano tanto disastrosi malgrado le guide siano siano affidate a due campioni mondiali, di livello eccelso, Alonso e Raikkonen. Il grande capo non digerisce più i settimi e gli ottavi posti o comunque i piazzamenti fuori dal podio. Dice che l’avvicendamento alla Presidenza della Ferrari non è all’’ordine del giorno e tuttavia aggiunge che “nessuno è indispensabile”. E’ più che un messaggio. E’ un vero e proprio ben servito a Luca Cordero. Come si comporterà ora l’attuale Presidente? Le dichiarazioni di fuoco del numero uno di Fiat-Chrysler lo indurranno a lasciare il timone? E quando?
Le decisioni in merito da parte dei vertici del Gruppo saranno adottate, probabilmente, non prima della metà di ottobre. Ma nel frattempo sta già partendo il toto-nomina. I due candidati d’obbligo appartengono entrambi alla famiglia Agnelli, quasi a voler riproporre un punto di riferimento rispetto alla storia dell’auto italiana. Il primo è Lapo Elkann, nipote dell’Avvocato. Personaggio eclettico, che mostra ingegno vivace, un vulcano di nuove idee, un genialoide. Ma occorrerà vedere se catturerà la fiducia di Marchionne. Non da meno è Andrea Agnelli, altra persona di prestigio. E’, in un certo senso, una rivelazione per la saggezza, unita a determinazione, con cui gestisce una società sportiva importante come la Juventus, in un momento non certo facile per il turbolento mondo del calcio.
C’è poi un terzo personaggio di tutto rispetto, Olivier François, giovane manager francese. Conosce più che bene l’ambiente delle quattro ruote, nel quale gli fecero da trampolino di lancio i risultati brillanti ottenuti come Direttore Generale di Citroen Italia. Da Milano si spostò a Torino, responsabile del marchio Lancia. Poi sempre più su, fino alle stanze che contano nel Gruppo Italo-Americano. Colto, intelligente, dal fare brillante e dinamico, con un indubbio aplomb, che non guasta per rappresentare degnamente il meglio del made in italy, non soltanto nei salotti ricchi di New York, Montecarlo, Tokio, Emirati Arabi, ma in tutto il mondo.
La corsa è aperta. I tre personaggi citati hanno le qualità per approdare a Maranello. Senza tuttavia dimenticare che spesso e volentieri i nomi dei candidati vengono messi in circolo per bruciarli. Di più, vale talora il vecchio detto: chi entra Papa in Conclave…
Cesare Castellotti