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MR. PHARAONS RALLY

Dopo aver appesa al chiodo la carriera da pilota di motocross e rally-raid, Daniele Cotto è stato per 15 anni l’organizzatore del famoso Rally dei Faraoni.

Abbiamo fatto quattro chiacchiere con lui sulla sua passione per le due e quattro ruote, la nomina FIM e i tanti progetti per il futuro.

 

Inutile chiederglielo perché la risposta è scontata. Il suo sogno più grande è far rinascere il Pharaons Rally, per tanti anni uno dei più celebri rally-raid del panorama offroad internazionale. E come dare torto a Daniele Cotto, torinese, classe 1954, veterinario di professione, sposato, con due figli. “Invenzione” del francese Jean-Claude Morellet, alias Fenouil, il Rally dei Faraoni ha avuto un grande successo sin dalle prime edizioni grazie al fascino di un paese misterioso, a un deserto fra i più suggestivi al mondo e alla grande sete di avventura che tanti appassionati di due e quattro ruote avevano nei primi anni Ottanta. A metà degli anni ’90 il francese lascia l’organizzazione e un paio di anni dopo (nel 1998 per l’esattezza) nasce il nuovo Pharaons, targato JVD (acronimo di Jacky, Vincenzo e Daniele).

 

Motocross e rally-raid nel dna

La prima gara seria cui partecipa Daniele in sella a una moto è in categoria “cadetti” a Pieve di Teco, entroterra ligure, in provincia di Imperia. Con la sua CZ motorizzata 250 (la sigla significa Ceska Zbrojowka, ovvero “fabbrica d’armi cecoslovacca”, azienda nata nel 1919 a Strakonice) si piazza fra i primi 5. La sua passione per il motocross in realtà era nata negli anni del liceo, “contagiato” da alcuni amici che in questa disciplina già si cimentavano. Nel 1976 passa fra i “senior” gareggiando, fra l’altro, sui circuiti di Casale Monferrato e Maggiora (Piemonte) classificandosi, rispettivamente, 6° e 4° assoluto. “Nel 1977, sempre in categoria senior, sono sceso in pista con una CZ 500 conquistando buoni piazzamenti nella top ten e ottenendo risultati anche in Francia, Spagna e Svizzera – racconta Cotto – A fine 1978 ho sospeso l’agonismo per dedicarmi agli studi e laurearmi in veterinaria, sino al 1984 quando sono risalito in sella partecipando al mio primo Rally dei Faraoni, da cui mi ritirai purtroppo in anticipo per noie meccaniche al motore della mia Puch”. Da quel momento in poi Daniele partecipa ad altre edizioni della gara ospitata in Egitto portando a casa un ottavo piazzamento sia nel 1987 che nel 1989 e una 13^ posizione nel 1991. Ci sono poi il Rally di Sardegna nel 1985, concluso con un 6° piazzamento nella generale, e diversi Rally di Tunisia, fra cui nel 1995 (6° su 175 moto alla partenza) e nel 1996, settimo. “Ricordo con piacere anche l’Enduro du Touquet del 1987 dove arrivai 55° assoluto su 1.200 piloti allo start – prosegue Daniele – Una gara di grande fascino creata da Thierry Sabine, lo stesso che ideò la mitica Parigi-Dakar che si correva in Africa. Si guidava a gas spalancato sulla spiaggia francese ricalcando le gare in stile baja americane dove i piloti percorrevano un tracciato in fuoristrada alla massima velocità senza fermarsi”. In sella alle CZ o alle KTM, compagne quest’ultime di tanti rallies-raids (sia 500 cc. 2 tempi che 690 cc. 4 tempi), di soddisfazioni agonistiche Cotto se n’è tolte molte sino a quando la sua passione per l’offroad si è trasformata. Rimanendo però in sostanza sempre la stessa.

 

Cambio di rotta: da pilota a organizzatore

L’amicizia di Daniele con Vincenzo Lancia (torinese, erede del fondatore dell’omonima casa automobilistica italiana) è degli anni ’80, grazie a conoscenze comuni; quella con Jacky Ickx (belga, ex pilota anche di F1 con la Ferrari) risale ai tempi dei primi Faraoni. “Con entrambi c’è una bella e profonda amicizia che continua tutt’ora: anche con Jacky, nonostante la lontananza, perché è sempre stata una persona gioviale, con cui parlare di qualsiasi argomento è un piacere – prosegue Cotto – Come nasce JVD International? Quando Fenouil decise di lasciare l’organizzazione del Faraoni, Vincenzo ebbe l’idea di subentrare ai francesi: ne parlò con Ickx che accettò di buon grado e con me, che feci altrettanto! Era il 1998. Da quell’anno ci sono state 15 edizioni del Pharaons Rally: da tre amici piloti siamo diventati 3 amici organizzatori. È stata una gara davvero appassionante anche se molto impegnativa a livello organizzativo crescendo negli anni sino a diventare il rally africano per eccellenza, necessario da fare per chi voleva poi partecipare alla Dakar”. La partenza (e l’arrivo) del Faraoni a Il Cairo, sullo sfondo delle Piramidi, è un tuffo al cuore per gli appassionati (lo ricordiamo bene!) e correre nel deserto egiziano è una di quelle esperienze che i piloti (delle 2 e 4 ruote) dovrebbero poter fare almeno una volta nella vita. “All’inizio eravamo solo tre amici con tanta passione e poca esperienza, poi il Faraoni è diventata creazione della Pharaons Rally JVD, con forte partecipazione egiziana. L’Egitto e il suo governo hanno amato molto questo rally rendendone possibile il successo. Purtroppo poi, l’inasprirsi di attentati, l’instabilità politica a livello internazionale e l’impossibilità di garantire l’adeguata sicurezza ai partecipanti ha portato alla dolorosa scelta di sospenderne l’organizzazione”. Al Pharaons eri sia direttore sportivo che di gara ma ti occupavi anche dello scouting del percorso: “Esatto, a bordo di Land Rover, Toyota e Isuzu abbiamo macinato migliaia e migliaia di chilometri per tracciare gli itinerari più suggestivi su cui far gareggiare i piloti – racconta con orgoglio Daniele – L’Egitto è un paese straordinario, ricco di storia, di arte e di cultura: ricordo durante le ricognizioni la scoperta di reperti antichi, di insediamenti apparsi all’improvviso in mezzo al nulla, di tombe scavate nella montagna. Negli anni, il Faraoni è inevitabilmente cambiato anche per via dell’avvento di tutti quei sistemi tecnologici, come i GPS o i tracking, che hanno reso più sicura quella che una volta era pura avventura, spesso però molto rischiosa. Ma il fascino di questa gara è rimasto sempre lo stesso. Se mi piacerebbe, a livello organizzativo, far rinascere il Faraoni? Mentirei se dicessi di no…”. in šāʾAllāh, per dirla come gli arabi.

 

Pane e motori

Si può dire che sei cresciuto “a pane e motori”…“E’ vero, sin da ragazzino ho avuto questa passione. Per le due ruote ci sono state prima le CZ per il motocross e poi le KTM per i rally-raid: ora in garage ho ancora una CZ 250 e una Jawa Six Days piuttosto rara che mi sono dilettato a restaurare, così come ho fatto per alcune auto d’epoca – prosegue Cotto – Ho una Fiat 500 e una Mehari che fanno compagnia a due Toyota, un Hilux 3.0 e una RAV 4×4, quest’ultimi utilizzati quotidianamente. Nel corso degli anni sono stato proprietario di un Land Rover 110, un Isuzu D-Max, un Toyota Land Cruiser 95 e uno Chevrolet Trailblazer ma il fuoristrada dei sogni è sempre stato il Toyota Land Cruiser perché è il mezzo ideale per viaggiare nel deserto: robusto e affidabile! Per me la miglior macchina in assoluto per andare in Africa”.

 

Nomina FIM

Fra gli incarichi ricoperti da Cotto c’è anche un’importante nomina FIM, la Federazione Internazionale di Motociclismo. “L’FMI, cioè la Federazione Motociclistica Italiana, che aderisce a quella internazionale, mi ha proposto di diventare rappresentante della commissione per l’Italia, un incarico di cui vado fiero ma che è anche piuttosto gravoso per impegni e responsabilità – conclude Cotto – L’ultima trasferta è stata in occasione del Rallye du Maroc dove ho svolto il ruolo di membro di giuria”. Nell’ambito delle 4 ruote Daniele è invece consulente per l’organizzazione di una Baja in Arabia Saudita. Ma siamo certi che non è l’unica novità che bolle in pentola…

Testo Sonja Vietto Ramus

Foto S. Vietto Ramus e archivio Daniele Cotto

 

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