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Rialziamo la cresta!

Le creste di gallo si trasformano in ingrediente frontman per una ricetta all’insegna dell’ornitomanzia dell’antica Grecia. Una ricetta che vuole essere una missiva augurale proprio nella ripartenza dei ristoranti. E un auspicio che possa rivelarsi prodromico per una imminente Rinascita del nostro settore.

 

Sono trascorsi ormai trascorso più di due anni dall’inizio della pandemia legata al Covid19. Evento che, oltre ad aver penalizzato praticamente ogni settore dell’economia mondiale, ha messo praticamente in ginocchio il mondo della ristorazione. Basti pensare che solo a Roma negli ultimi due anni sono oltre quattromila i locali, tra bar e ristoranti, che hanno chiuso definitivamente l’attività. E solo ora, dopo vari quanto discutibili tentativi di arginare il fenomeno, la situazione sembra orientata verso la fase di normalizzazione. Fase ancora lontana perché da oltre un mese un’altra spada di Damocle si è abbattuta sull’economia mondiale, in seguito al conflitto bellico in Ukraina.

Ma nonostante tutti i ristoranti, seppur tra mille difficoltà, iniziano a riprendere il lavoro. E tutti gli addetti del settore auspicano che l’imminente prossima stagione estiva possa compensare almeno in parte le perdite subite.

Con questa ricetta ho pensato di rivolgere, all’insegna dell’ornitomanzia dell’antica Grecia, una missiva augurale proprio alla ripartenza dei ristoranti. Con l’auspicio che possa rivelarsi prodromica per una imminente Rinascita del nostro settore.

 

Rimbocchiamoci le maniche

Prima di analizzare le motivazioni che hanno veicolato le mie scelte in questo nuovo lavoro s’impone una breve digressione. Utile per schivare equivoci ed eventuali fraintendimenti. Naturalmente in questo caso l’espressione “Rialziamo la cresta” non deve essere recepita nel significato che abitualmente si associa a questo vecchio adagio popolare. Troppo spesso legato ad un atto di presunzione o ad atteggiamenti arroganti) ma, al contrario, vuole essere un inno alla gioia e alla Rinascita della ristorazione. Soprattutto dopo la fine dello stato di emergenza legato alla pandemia, sembra avviarsi verso un lento ritorno alla normalità. La mia proposta, oltre ad essere un viatico di speranza, si propone inoltre come latore di un messaggio corale all’insegna di un caloroso vaticinio. Del tipo “rimbocchiamoci le maniche”, che ci consenta di tornare al più presto in campo.

Nel mio piatto ho inserito i tre ingredienti fondamentali presenti in alcune delle ricette tradizionali della nostra cucina. Tra i più noti (e apprezzati) a livello internazionale come la mozzarella, il pomodoro e il basilico, elementi fondamentali nella preparazione dell’omonima pasta e della pizza margherita. E i cui colori ripropongono mirabilmente quelli della bandiera italiana.

 

Il gallo, maschio-alpha del pollaio e simbolo dell’alba, del risveglio e della rinascita

Ma allo stesso tempo, sulla scia di queste considerazioni, ho pensato ad un piatto che potesse esprimere tutta la forza e la determinazione degli operatori del food proprio grazie alle creste di gallo. Ingrediente frontman della ricetta. Il più indicato per disincagliare le cucine arenate ormai da troppo tempo a causa di una pandemia globale. E la cui virulenza inizia finalmente ad  attenuarsi grazie alle intense campagne vaccinali messe in atto nel nostro Paese.

L’incontrastato maschio-alpha del pollaio è infatti considerato il simbolo dell’alba, del risveglio e della rinascita. Un simbolo che, dopo aver scrutato le tenebre, preannuncia l’anticipo di un nuovo giorno.

Nella tradizione popolare il gallo è portatore di luce e allegria e col suo canto mattutino trasporta l’uomo lontano dagli incubi della notte allontanando gli spiriti maligni. Ritenuto nell’antica Roma come “il leone degli uccelli”, è citato anche nelle opere di Plinio il Vecchio che lo definisce “un animale talmente battagliero da terrorizzare persino i leoni”. Nella tradizione cristiana, inoltre, è proprio il canto del gallo ad annunciare la nascita di Gesù e il momento della Resurrezione dopo i giorni della Passione.

E per rendere ancora più incisivo il messaggio ho deciso di affiancare alle creste di gallo una pasta molto speciale. Il cui formato, quanto mai emblematico e inequivocabile, risulta molto evocativo in cucina: i cappelli da chef. Anch’essi nelle stesse tonalità cromatiche della nostra bandiera.

 

Prodotti di qualità, tecniche di cottura e impiattamento

Per la realizzazione di questa ricetta, come in tutte le mie creazioni, mi sono attenuto inoltre ad un rigido protocollo. Sia nella qualità degli ingredienti (basilico e il pomodoro del nel mio orto, mozzarella di bufala recapitata direttamente da Andria), sia nella scelta dell’ingrediente principale. Le creste di gallo provengono inoltre da un allevamento biologico di animali allevati all’aperto. E non allevati a terra, come recitano capziosamente le etichette contenute in alcune confezioni della filiera avicola.

In merito alle tecniche di cottura, le creste sono state sottoposte inizialmente ad un’ora di ebollizione e ad una successiva cottura in forno (statico) di circa due ore (200° la prima ora, 150° la seconda).

Tutti i fattori coinvolti nella preparazione sono stati accuratamente valutati nella giusta considerazione. E, last but not least, anche la scelta del contenitore (con decorazioni floreali ispirate alla primavera) e la prossemica degli ingredienti nel dressage del piatto hanno svolto infine un ruolo precipuo.

Ingredienti per 4 persone:

  • 12 creste di gallo
  • 16 cappelli da chef
  • 600 g di burrata
  • 600 g di basilico
  • 600 g di pomodorini
  • 125 g di burro chiarificato
  • 60 ml olioevo
  • 60 ml di vino bianco secco
  • 20 ml di colatura di alici di Cetara
  • sale
  • pepe

 

Preparazione (3 h e 30 min)

La maggior parte del tempo necessario per la preparazione di questa ricetta è assorbita dalla cottura delle creste. A causa dell’elevato contenuto di grasso che, per una degustazione ottimale, impone un lungo procedimento di cottura.

Iniziare mettendo le creste in abbondante acqua bollente salata per almeno un’ora, in maniera tale che riescano a sgrassarsi il più possibile. Una volta tolte dall’acqua, scolarle bene. Asciugarle accuratamente prima di stenderle su carta da forno oliata in superficie. Infornare in modalità statica per 3 ore ad una temperatura di 200° la prima ora e a 150° nella seconda.

Procedere quindi alla preparazione delle tre salse tricolori, frullando del basilico con olio evo (per la verde) e i pomodorini leggermente scottati con aggiunta di olioevo (per la rossa). Per la salsa bianca è sufficiente inserire nel mixer il cuore di burrata. Grazie alla sua consistenza morbida, può essere resa ulteriormente fluida anche schiacciandola semplicemente con una forchetta. Cuocere i cappelli da chef in acqua bollente (leggermente salata), e tutti gli ingredienti sono pronti.

  

Impiattamento:

Con tre coppapasta di diverse dimensioni sistemare nel piatto i cerchi colorati, rispettando le posizioni presenti sulla bandiera. Il verde a sinistra, il bianco al centro e il rosso a destra. Disporre tre creste di gallo in posizione verticale sul bordo superiore del piatto, e quattro cappelli da chef nella parte centrale. Con una siringa da pasticceria inserire un po’ di crema di basilico sulla sommità della pasta e alcuni frammenti di cresta nel disco verde.

 

Bevanda consigliata:

Albana di Romagna Secco DOCG Interra 2019 – Tenuta la Viola.

Prodotto sui rilievi collinari di Bertinoro, sulle alture note come “il balcone di Romagna”. Questo vino rivela fin dal primo aroma il lungo processo di macerazione che sprigiona tutto l’aroma sviluppato dalla vicinanza del clima marino. Particolarmente gradevole con piatti elaborati a base di cacciagione e formaggi a media stagionatura, si presta benissimo per accompagnare le creste di gallo.

La temperatura di servizio è compresa tra i 10 e i 12 gradi. 

Chef Giorgio Rosato

Web MasterChef –  Projects Food Web Specialist

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