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RIFLESSIONI IN ROSSO

 

Archiviata la strana… sceneggiata/show dell’incontro italo/tedesco di Maranello (chissà poi perché in casa di una azienda?) la Ferrari torna a far parlare di sè con questioni più attinenti all’attività che la rende famosa: quella sportiva, la Formula 1. Un posto sul podio a Monza è pur sempre qualcosa, ma non va oltre il contentino, un cucchiaio di brodo in proporzione a quelle che erano le ambizioni e le aspettative di inizio stagione. La sostanza è che le rosse finora non sono riuscite a vincere neanche un Gran Premio, sicché non brillano sia nella classifica mondiale piloti sia in quella dei Costruttori. La netta superiorità di Mercedes, che ha saputo mettere a punto una macchina ultra competitiva, può essere considerata il motivo principale della crisi Ferrari.

Ma c’è dell’altro. A ben guardare non può essere estranea tutta quella serie di avvicendamenti – Domenicali, Mattiacci, Marmorini – operati, ovviamente per il bene della scuderia, ma che si sono poi rivelati insufficienti a risolvere i problemi, tecnici ma anche di rapporti umani, e a colmare il gap rispetto alla concorrenza, di Mercedes soprattutto, ma ormai anche di Red Bull.

Dopo l’insediamento, circa due anni fa, di Maurizio Arrivabene a capo della gestione sportiva, ha fatto notizia l’estromissione del direttore tecnico James Allison (ufficialmente per gravi motivi famigliari, ma forse non soltanto per quelli), sostituito da Mattia Binotto, in Ferrari da parecchi anni, esperto di motori ma con l’onere di occuparsi altresì di aereodinamica. Acque agitate, insomma, mentre continua a farsi attendere la preparazione della nuova vettura (più competitiva, chissà, per la prossima stagione).

Non dimentichiamo, d’altronde, che le prime avvisaglie della turbolenza si erano avute con il ben servito, senza tanti complimenti, a Luca Cordero, accusato – dopo 23 anni di presidenza – di essere corresponsabile della crisi del team. Marchionne infatti, si era detto stufo di vedere le rosse da troppo tempo fuori dal podio malgrado alla loro guida vi fossero piloti di primissimo piano. C’è tuttavia da chiedersi quante e quali colpe si potevano addebitare al dottor Cordero, sotto la cui gestione, anni prima, erano stati invece colti successi vistosi.

Una delle domande che adesso in molti si pongono riguarda la permanenza di Marchionne alla presidenza della Società. E non è dato neppure sapere fino a quando il super-manager rimarrà al timone del Gruppo ex-italiano. Forse, si è ipotizzato, fino al 2018? O sarà tentato di rimanere anche oltre? Non è un mistero che per sostituirlo al vertice della Casa di Maranello, una candidatura forte esiste e risponde al nome di Piero Ferrari, figlio del mitico Enzo. I cognomi, giova ribadirlo, a volte contano.

C.C.V.