L’utilizzo delle frattaglie nell’alta ristorazione non è più una sorpresa nella cucina di uno chef di rango. Trippa, animelle, fegato, lingua, cervello e altri ingredienti del cosiddetto quinto quarto (compreso quello di pesce) occupano ormai un posto fisso anche nei menu più blasonati. C’è un elemento tuttavia che, nonostante abbia conquistato un ruolo da protagonista persino nelle ricette di alcuni chef stellati, continuano a suscitare qualche perplessità: il rognone. Si tratta del rene dei bovini (ma anche di ovini e suini) che, proprio per le peculiari caratteristiche organiche, richiedono un trattamento particolare per essere spurgati prima di arrivare a tavola. Ed eliminare il più possibile quel retrogusto sgradevole legato alla presenza dell’urea nei reni. Per tale motivo i rognoni più adatti da utilizzare in cucina, oltre ad essere freschissimi (come il fegato e il cuore), dovrebbero provenire da animali giovani, meglio ancora se nutriti ancora di solo latte, in maniera tale che il filtraggio renale (migliore rispetto a quello di un esemplare adulto) riduce al minimo la presenza di urea, senza interferire troppo nel sapore finale. Utilizzato nell’alimentazione fin dall’epoca degli antichi Romani, come testimoniano alcune ricette contenute nel “De re coquinaria” di Celio Apicio (considerato il più antico trattato di cucina pervenuto fino ai giorni nostri), il rognone deve il suo nome alla traduzione francese di rognon, che a sua volta origina dal termine latino reníos. Dopo un lungo periodo nel quale è stato ingiustamente relegato in una sorta di cono d’ombra nella cucina delle frattaglie, il rognone sta lentamente riprendendosi la sua rivincita nell’ambito delle ricette gourmet e, proprio per le sue caratteristiche, rappresenta una sfida molto stimolante (sia nella preparazione che nella cottura) per gli chef particolarmente creativi che non temono di avventurarsi in nuovi territori del gusto. Per la nostra ricetta abbiamo utilizzato i rognoni di un vitello da latte, sottoposti inizialmente ad un accurato processo di spurgo seguito da un lunga marinatura in birra rossa a doppio malto, e cucinati mediante una prolungata cottura a fuoco lento utilizzando una ricca miscela di spezie (tra cui lo zenzero e lo zafferano), cipolla rossa e cioccolato fondente.
Ingredienti per 4 persone: |
600 g di rognone di vitello da latte |
3 limoni |
200 g di cipolla rossa |
200 g di carote |
10 g di sedano |
15 g di curry |
15 g di cumino |
15 g di cardamomo |
30 g di zenzero |
1 g di zafferano |
30 ml di salsa di ostriche |
60 g di cioccolato fondente |
4 fogli di carta di riso |
200 ml di olio di semi di arachidi |
30 ml di olioevo |
sale |
pepe |
Preparazione (3h, 40 m) |
Per il rognone:
Nei tempi di preparazione sono esclusi naturalmente quelli riguardanti lo spurgo e la marinatura dei rognoni. La prima operazione da fare nella preparazione della ricetta, indispensabile per attenuare il forte odore del rognone, è quella di procedere al processo di spurgatura. Per risparmiare tempo ed ottimizzare il tutto è consigliabile acquistare il rognone dal proprio macellaio di fiducia, già pulito da ogni residuo di grasso e pelle. Dopo aver lavato accuratamente la carne sotto acqua corrente, metterla a bagno in acqua fredda con il succo di un limone per circa un’ora. Ripetere l’operazione per tre volte sostituendo sia l’acqua che il limone. A fine marinatura risciacquare nuovamente il rognone e metterlo in una boule di vetro, aggiungendo la birra rossa a doppio malto. Ricoprire con pellicola e mettere in frigo per una notte (8/12 ore).
A questo punto è necessaria una breve digressione, relativa ai tempi di cottura. E’ noto che il rognone richiede solitamente una cottura molto breve, altrimenti la carne tende ad indurirsi, o che andrebbe evitato di bollirlo, ma nel nostro caso (come in altre occasioni) abbiamo deciso di navigare di bolina procedendo ad un a lunga e lenta cottura. La consistenza risulterà forse meno morbida, ma l’effetto della marinatura e l’addensamento della birra che alla fine di trasformerà in una salsa densa e cremosa, trasformeranno il rognone in una carne molto gustosa e succulenta.
Tirare fuori la boule dal frigo e trasferire tutto il contenuto in una pentola antiaderente a bordo alto assieme alle verdure e alle spezie, aggiungere olio, sale e pepe e iniziare la cottura. Inizialmente a fiamma alta e, una volta raggiunto il bollore, cuocere a fuoco lento per 3/4 ore fino ad ottenere la giusta consistenza. Aggiungere il cioccolato nell’ultima mezz’ora di cottura.
Per la cipolla rossa:
La cipolla rossa va cotta insieme al rognone nel liquido di marinatura, ma diversamente dalle altre verdure (tagliate a brunoise) va ridotta al coltello in tagli più grandi, avendo l’accortezza di tirare fuori alcuni pezzi ancora interi (a circa metà cottura) da utilizzare per le decorazioni.
Per le nuvole di drago:
Le nuvole di drago, molto diffuse nella cucina asiatica, si preparano con estrema facilità anche in casa. E’ sufficiente immergere per alcuni secondi un foglio di carta di riso in una padella antiaderente con olio bollente e la nuvola è pronta. Basta solo farla asciugare su carta assorbente da cucina e salare leggermente.
Impiattamento:
Disporre al centro del piatto i pezzi di rognone con la salsa all’interno della nuvola di drago, affiancato da una mezzaluna di cipolla rossa. Versare in una ciotolina (bianca) una piccola dose supplementare di salsa collocata sul bordo superiore della nuvola.
Una lieve spruzzata di zafferano, che a contatto con il rognone caldo assume una intensa colorazione arancione, e il piatto è pronto.
Bevanda consigliata:
Lucente Luce della Vite – Frescobaldi 2019.
Questo vino toscano, dal colore rosso rubino intenso, ricco di riflessi violacei, è caratterizzato da aromi di frutta (soprattutto prugna e ciliegie) molto profumati, esaltati da note speziate (specialmente cannella e noce moscata) che ne esaltano il profumo.
Ideale per accompagnare carni rosse, grigliate miste e piatti a base di selvaggina, si abbina alla perfezione con il sapore forte e deciso del rognone. Per apprezzare al meglio questa etichetta è consigliabile lasciare ossigenare leggermente (20/30 minuti) il vino prima di servirlo, mentre a tavola dovrebbe arrivare in una calice ampio che assicura una adeguata diffusione del suo complesso aromatico.
La temperatura di servizio è compresa tra i 18 e i 20 gradi.
Chef Giorgio Rosato