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Trippa risottata al nero di polpo con mousse di piselli e tuorlo di pernice

La nuova ricetta di Chef Rosato propone una versione moderna per un’ottima degustazione della trippa, una delle frattaglie più diffuse, ricavata da diverse parti dello stomaco dei bovini e ampiamente presente in numerose ricette di molte regioni italiane.

Nella ricetta della “Trippa risottata al nero di polpo con mousse di piselli e tuorlo di pernice” abbiamo adottato una particolare tecnica di cottura, quella risottata, per conferire alla trippa una colorazione decisamente insolita grazie all’aggiunta del nero di polpo.

Nelle epoche passate la trippa era ampiamente utilizzata dai Greci, che la consumavano cotta alla brace, o dagli antichi Romani che la trasformavano in gustose salsicce, oltre ad essere molto apprezzata nel corso dell’intera epoca medievale.

 

Nella terminologia adottata nella classificazione dei vari tagli di carne utilizzati nella macelleria moderna (bovina, suina, equina e ovina, oltre a tutti i mammiferi quadrupedi) l’animale mattato viene suddiviso in due parti principali noti come mezzene, derivanti dalla carcassa del bovino macellato.

Ognuna di queste viene ulteriormente sezionata ottenendo così i quattro quarti (due anteriori e due posteriori) che rappresentano le parti più nobili e pregiate dell’animale.

Tutto il resto viene definito come quinto quarto, termine utilizzato in riferimento alle parti meno pregiate.

Ma non per questi meno gustose e appetibili, anche se stiamo parlando di frattaglie, che un’ulteriore ripartizione suddivide in quinto quarto industriale formato dalle componenti non edibili (zoccoli, corna, pelli, etc.) e quinto quarto alimentare formato dalle parti commestibili che sono note come rigaglie nel caso dei volatili, mentre se derivano dai quadrupedi vengono a formare le classiche frattaglie.

Tra queste, una delle più radicate in alcune cucine regionali della tradizione gastronomica italiana è senz’altro la trippa, ricavata da diverse parti dello stomaco dei bovini e ampiamente presente in numerose ricette di molte regioni italiane.

Dalla trippa alla milanese (busecca) alla trippa alla veneta, fino alla famosa trippa di Moncalieri (Tripa ‘d Muncalè), dove l’ingrediente viene trasformato in un insaccato che una volta affettato si presta a numerose elaborazioni.

E che dire della trippa alla romana, autentica pietra miliare della cultura alimentare capitolina? E’ abbastanza simile a quella delle regioni settentrionali ma connotata con due peculiarità essenziali come l’utilizzo del pecorino (in sostituzione del parmigiano) e l’aggiunta di mentuccia fresca.

La trippa inoltre è entrata a far parte di alcune importanti citazioni del passato come ad esempio quella che recita “Giovedì gnocchi, venerdì pesce e sabato trippa”, molto usata nel periodo tra le due guerre mondiali.

Soprattutto nella tradizione cattolica, che identificava  il venerdì come il giorno di astinenza dal consumo della carne, per cui al giovedì si preparavano gli gnocchi per assicurare allo stomaco una adeguata riserva di carboidrati, ma anche un prolungato senso di sazietà per affrontare meglio il pasto frugale del giorno dopo.

Al sabato invece il consumo della trippa era legato al fatto che nei mercati della capitale questo giorno era legato alle attività di macellazione dei bovini.

Infatti  dopo la vendita delle parti migliori degli animali alle classi più nobili e alla ricca borghesia, alle famiglie povere e ai contadini restavano solo gli alimenti meno pregiati rappresentati dalle frattaglie e, soprattutto, dalla trippa.

Agli inizi del Novecento si affermò inoltre un altro detto popolare legato ad una singolare consuetudine in atto presso il Comune di Roma che, ogni anno, aveva nel bilancio comunale una voce onerosa di spesa legata proprio all’acquisto della trippa, elemento indispensabile per nutrire l’esercito di gatti che teneva lontano i topi dal Campidoglio.

Ben presto però tale canone divenne insostenibile per le esigue casse comunali e il sindaco di allora decise di sopprimere (1910) l’acquisto mensile di trippa.

Da questo provvedimento nacque nella fantasia popolare il detto “Non c’è trippa per gatti”, utilizzato in seguito in riferimento alla sospensione di qualsiasi tipo di privilegio.

Analizzando inoltre la storia della trippa nel corso dei secoli scopriamo che questo alimento era ampiamente utilizzo dai Greci, che la consumavano cotta alla brace, o dagli antichi Romani che la trasformavano in gustose salsicce, oltre ad essere molto apprezzata nel corso dell’intera epoca medievale.

Soprattutto nel territorio italiano dove la concorrenza tra i “tripparoli” romani e i “trippai” fiorentini hanno dato origine alla creazione di ricette memorabili che ancora oggi fanno la gioia di buongustai e gastronauti di tutte le età.

E non solo nella nostra penisola, ma anche nel resto d’Europa come dimostrano alcune testimonianze letterarie del passato tra cui quella di William Shakespeare, il più grande drammaturgo e poeta inglese.

In una delle sue più celebri commedie (“La bisbetica domata”, 1590) fornisce infatti uno dei quadri  più autentici della cultura alimentare del passato quando alla protagonista della storia, la bizzosa e vorace  Caterina, viene offerto un menu che prevedeva anche trippa alla griglia.

Per la nostra ricetta gourmet della “Trippa risottata al nero di polpo con mousse di piselli e tuorlo di pernice” abbiamo adottato una particolare tecnica di cottura, quella risottata appunto, per conferire alla trippa una colorazione decisamente insolita grazie all’aggiunta del nero di polpo.

Durante la cottura il nero di polpo viene completamente assorbito dall’ingrediente creando un alimento dall’aspetto decisamente insolito, ulteriormente esaltato dal verde intenso della mousse di piselli (sulla quale viene adagiata la trippa nera) e dal giallo inteso delle pregiate uova di pernice.

 

Ingredienti per 4 persone:

400 g di trippa

300 g di piselli

4 uova di pernice

20 g di nero di polpo

20 g di uova di mallotto

15 ml di salsa d’ostrica

15 ml di olioevo

15 g di sale

 

Preparazione (2h, 30 m):

La trippa viene venduta in apposite confezioni, già lavata e parzialmente cotta, per cui può essere consumata anche senza ulteriori elaborazioni con la semplice aggiunta di olio e limone,.

Per acquisire la giusta morbidezza è necessario tuttavia un ulteriore processo di cottura, immergendola in acqua bollente per circa due ore.

Per la trippa:

Nella nostra ricetta della “Trippa risottata al nero di polpo con mousse di piselli e tuorlo di pernice” abbiamo trattato la trippa con la classica cottura risottata, molto cara agli Chef nella comune preparazione della pasta.

In pratica viene aggiunta solo la quantità di acqua che serve alla cottura, insieme al nero di polpo.

In questo modo, anche se la tecnica impone molta attenzione, la cottura finale della trippa risulta decisamente più omogenea e anche il sapore risulta molto più aromatico poiché la trippa ha trattenuto tutti i sali minerali e le proteine, che normalmente vanno disperse nel corso della tradizionale cottura in ebollizione.

Questa cottura dev’essere eseguita in una pentola antiaderente e richiede un po’ di pazienza per ottenere un buon risultato.

Inizialmente infatti la trippa non assorbe molto colore e rimane sostanzialmente bianca, ma a poco a poco, e girandola spessa ogni volta che si aggiunge l’acqua (ovviamente già calda per non rallentare la cottura), il colore vira decisamente verso il nero.

Per la mousse di piselli:

Sbollentare per una decina di minuti i piselli in acqua leggermente salata e, dopo averli scolati, immergerli in una boule di vetro contenente acqua e ghiaccio.

Conservare inoltre parte dell’acqua di cottura per diluire eventualmente la mousse nel caso risultasse troppo densa.

Versare i piselli nel mixer assieme agli altri ingredienti (olio, sale e salsa di ostriche) e frullare per circa un minuto.

 

Impiattamento:

Disporre la mousse, abbastanza fluida, nel fondo del piatto (cappello del prete), adagiando due pezzi di trippa tagliati a piacere.

Nella nostra ricetta della “Trippa risottata al nero di polpo con mousse di piselli e tuorlo di pernice” abbiamo puntato sul contrasto geometrico, con un pezzo circolare ottenuto da un coppapasta di piccole dimensioni (4-5 cm) e uno a forma di rombo tagliato al coltello.

Per le guarnizioni della trippa adagiare qualche pisello intero e, con una siringa di pasticceria, depositare alcune tracce cromatiche ottenute dal tuorlo delle uova di pernice.

Un’ulteriore decorazione con uova di mallotto sulla mousse, e il piatto è pronto.

 

Bevanda consigliata:

Gutturnio Superiore “Terredellatosa” 2019 – Cantina La Tosa.

Vino rosso emiliano che rivela subito un carattere olfattivo di forte spessore, al cui interno si riconoscono intense note floreali di viola e di peonia.

Il colore rosso porpora, frammisto a sfumature violacee, sottolinea ulteriormente il suo aroma fruttato che evidenzia la tipicità del territorio delle colline piacentine, dove questo vino è particolarmente apprezzato in abbinamento alla trippa in umido.

Per gustarlo al meglio è consigliabile servirlo in calici di media apertura, leggermente ristretti verso l’alto in maniera da agevolare la concentrazione dei profumi.

La temperatura di servizio è compresa tra i 16 e i 18 gradi.

Chef Giorgio Rosato

 

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