Home Diversamente C.H.E.F. La Stele di Rosetta: conchiglioni ripieni con ditalini ai 3 guanciali

La Stele di Rosetta: conchiglioni ripieni con ditalini ai 3 guanciali

La nuova ricetta di Chef Rosato propone una elaborata sintesi dei primi piatti realizzati con l’utilizzo del guanciale, che racchiude le principali realizzazioni della cucina romana e laziale.

Nella la nostra ricetta de “La Stele di Rosetta: conchiglioni ripieni con ditalini ai 3 guanciali” abbiamo condensato in un unico piatto gricia, carbonara e amatriciana.

Volendo realizzare un’ulteriore versione di questa preparazione, ricordiamo anche la variante dei “Radiatori alla carbotriciana con polvere di porcino”, una ricetta creativa che fonde le caratteristiche della carbonara con quelle dell’amatriciana.

 

Come abbiamo sottolineato in diverse occasioni nelle ricette presentate in questa rubrica, il guanciale rappresenta uno degli ingredienti più gustosi e, soprattutto, più versatili nella preparazione di un ampio ventaglio di ricette. Da quelle più semplici a quelle più elaborate, fino ad approdare nel fine dining e nella cucina creativa.
Non dimentichiamo infatti che questo prezioso elemento di origine suina costituisce la base di alcuni dei piatti tradizionali della cucina romana, a cominciare dalla famosa Pasta alla gricia, nota anche come amatriciana bianca, condita con guanciale, pepe nero e abbondante pecorino romano. Questo primo piatto rappresenta il momento di svolta per ulteriori preparazioni che, a scelta, possono prendere due diverse direzioni: aggiungendo il tuorlo d’uovo si ha infatti il piatto più iconico della gastronomia capitolina, la mitica Pasta alla carbonara, mentre sostituendo l’uovo con il pomodoro abbiamo la Pasta all’Amatriciana, inserita nell’elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali laziali.
Da sottolineare inoltre che questo piatto viene considerato una specialità della cucina laziale poiché la cittadina di Amatrice, dalla quale sembra che la ricetta abbia avuto origine, in origine era situata in territorio abruzzese e fu annessa al Lazio nel 1927.
In pratica potremmo definire il guanciale come una specie di trait d’union tra diverse ricette che, oltre a condividere un comune denominatore, sono strettamente legate tra loro da profonde radici storiche e culturali. Una sorta di Stele di Rosetta della cucina tradizionale italiana da cui abbiamo preso in prestito il nome per battezzare la nostra ricetta “La Stele di Rosetta: conchiglioni ripieni con ditalini ai 3 guanciali”.
La Stele di Rosetta è un’antica lapide egizia che reca iscrizioni in tre diverse scritture: i geroglifici (sistema di scrittura utilizzato nell’antico Egitto), il demotico (la lingua parlata e scritta comunemente oggi in Grecia) e il greco antico (lingua indoeuropea parlata nell’antica Grecia e nelle sue colonie tra il IX secolo a.C. e il VI secolo d.C.).
Le iscrizioni sono incise su una lastra di roccia, lunga poco più di un metro e larga 75 centimetri, rinvenuta nel 1799 presso Rosetta (l’odierna Rashid), antica e ricca città sul delta del Nilo, a circa 60 km a est di Alessandria, nel corso della campagna d’Egitto di Napoleone.
Questa iscrizione è stata fondamentale, proprio grazie alla trascrizione delle tre lingue, per storici e archeologi nel decifrare i geroglifici egizi che, fino alla scoperta della Stele di Rosetta erano indecifrabili. Il testo della stele riporta un decreto tolemaico emesso nel 19 a. C. in onore del faraone Tolomeo V Epifane, al tempo tredicenne, in occasione del primo anniversario della sua incoronazione.
Poiché si tratta del medesimo testo, la stele ha offerto, grazie alla parte in greco, una chiave decisiva per la comprensione della lingua egizia. Dopo la scoperta, la stele fu a lungo contesa tra Francia e Inghilterra e oggi è conservata al British Museum di Londra. Nel 1822, il linguista francese Jean-François Champollion, utilizzando il testo greco come chiave, riuscì a decifrare i geroglifici, aprendo così la strada alla comprensione della lingua e della storia egizia.
Uno strumento essenziale per comprendere l’idioma dei faraoni, analogo per certi versi al ruolo del guanciale negli ingredienti dei tre famosi piatti della cucina laziale.
Per racchiudere il concetto in un unico piatto abbiamo utilizzato come contenitori tre conchiglioni giganti, adagiati su dei supporti formati da tre anelli di calamarata al nero di seppia. All’interno di ciascun conchiglione abbiamo inserito dei mini ditalini rigati conditi nelle tre varianti a base di guanciale (gricia, carbonara e amatriciana), oltre a un “quarto elemento” formato da un gustoso bocconcino a base di cremoso al pecorino.
Volendo realizzare un’ulteriore versione de “La Stele di Rosetta: conchiglioni ripieni con ditalini ai 3 guanciali”, ricordiamo anche la variante dei “Radiatori alla carbotriciana con polvere di porcino”, una ricetta creativa che fonde le caratteristiche della carbonara con quelle dell’amatriciana.

 

Ingredienti per 4 persone:
12 conchiglioni giganti rigati
120 g di ditalini rigati
12 anelli di calamarata al nero di seppia
200 g di Guanciale di Amatrice DOP
300 g di Pecorino Romano DOP
2 tuorli di uova a pasta gialla
100 g di Pomodori di Pachino IGP
30 ml di olioevo
5 g di pepe di Sichuan

 

Preparazione (55 min.)
Per il guanciale:
Analogamente a quanto avviene nelle ricette relative a gricia, amatriciana e carbonara, anche in questo caso la prima operazione da fare è quella della preparazione del guanciale che, per apprezzare e gustare appieno la ricetta, dev’essere accuratamente trattato prima di passarlo in padella. Sia per rimuovere le parti di grasso più spesse e completamente prive di carne, sia per asportare tutta la cotenna farcita di pepe; quest’ultima operazione è fondamentale per due motivazioni.
La prima è di ordine igienico in quanto la cotenna, anche se il guanciale è acquistato in confezione sottovuoto, può essere venuta a contatto con vari elementi inquinanti durante la stagionatura o nelle fasi di trasporto che precedono il confezionamento.
La seconda serve ad evitare che, mentre il guanciale rosola, il pepe si sciolga nel grasso e bruci conferendo un aroma amarognolo a tutta la salsa.
Tagliato il guanciale a fette sottili, e sagomato a forma di piccole lamelle rettangolari (che verrano successivamente frantumate una volta diventate croccanti), versare il tutto in una padella antiaderente senza alcun condimento.
Man mano che il grasso del guanciale fonde, raccogliere in una boule di vetro alcuni cucchiai di liquido al quale si aggiunge il pecorino grattugiato, e un po’ di tuorlo (per la carbonara), fino ad ottenere una salsa densa.
Quando la rosolatura ha fatto assumere al guanciale un aspetto croccante, facendo attenzione a non bruciarlo, si può spegnere il fuoco. Per ottenere un risultato ottimale è necessario che la cottura avvenga a fiamma bassa, girando spesso i rettangolini di guanciale con una pinza da cucina affinché la cottura (e soprattutto la doratura) risulti omogenea su entrambi i lati.
Ultimata la cottura, separare il guanciale in tre parti che verranno poste in recipienti diversi, e versare una delle tre nella boule contenente l’olio ottenuto dal guanciale e il pecorino; la seconda verrà utilizzata per la gricia e la terza per l’amatriciana.

Per la salsa amatriciana:
Versare l’olioevo in una padella antiaderente e, prima che inizi a soffriggere, aggiungere i pomodorini e lasciar cuocere fino ad ottenre un sala densa e compatta. A questo punto aggiungere ill guanciale croccante e spegnere il fuoco.
Per la crema di pecorino:
Anche per la realizzazione della crema di pecorino bisogna attenersi naturalmente a un “protocollo” particolare, per cui sono rigorosamente bandite le normali tecniche utilizzate in questo caso che (in base alle varie scelte adottate dagli chef) prevedono l’aggiunta di
besciamella, latte o panna liquida per creare una crema a base di formaggio. Come fare allora per rispettare la ricetta senza uscire dal solco della tradizione?
La soluzione più semplice potrebbe sembrare quella di scaldare in un padellino antiaderente del pecorino, aggiungendo solo un po’ di acqua di cottura della pasta (ricca di amido, che svolge un effetto addensante), e un cucchiaio di olio di guanciale, ma questa non è la soluzione ideale.
Il pecorino infatti, anche se grattugiato finissimo, per effetto del calore tende comunque a coagulare, venendo a formare ben presto una massa troppo compatta che neanche l’eventuale aggiunta di acqua riesce a rendere nuovamente fluida ed omogenea, per cui la soluzione migliore è, senz’altro quella della cottura a vapore.
Inserire quindi una normale vaporiera metallica all’interno di una pentola di acciaio a misura, e ricoprire con carta forno (traforata) la superficie attraverso la quale arriva il vapore acqueo nel corso dell’ebollizione.
Versare il pecorino grattugiato (180 g), un cucchiaino di tuorlo d’uovo e uno di olio di guanciale e avviare la fiamma al minimo. Il calore che arriva attraverso il vapore acqueo, ulteriormente attenuato dal filtro formato dalla carta forno, risulta meno invasivo rispetto a quello della fiamma diretta consentendo al pecorino (leggermente diluito dal tuorlo e dall’olio di guanciale) di fondere più dolcemente venendo a formare una crema sufficientemente densa e omogenea.
L’unico inconveniente è rappresentato dal fatto che il composto ottenuto non è molto stabile per cui (proprio per la tendenza ad addensarsi in maniera disomogenea) questa preparazione deve essere eseguita poco prima dell’impiattamento in maniera tale che il dressage finale risulti perfetto.
A preparazione ultimata, lasciar raffreddare leggermente il composto per compattarlo meglio, utilizzando due cucchiai e adottando la tecnica che si usa nella preparazione di una quenelle.
Per la pasta:
La cottura dei tortiglioni richiede tempi molto lunghi, tra i dieci e i quindici minuti, ma occorre tenere presente un particolare importante. A causa della forma particolare, e delle dimensioni, questo tipo di pasta tende spesso a rormpersi quando si avvicina alla giusta consistenza. Non soltanto per una rottura conclamata, che renderebbe impossibile la realizzazione del piatto, ma anche per lievi sfaldamenti di alcune parti delicate, come quella che compone la fascia sospesa che attraversa trasversalmete i conchiglioni. Per evitare questi inconvenienti è consigliabile girare la pasta molto delicatamente (con un
cucchiaio di legno) durante l’ebollizione, dopo circa 8/9 minuti, e scolarla con altrettanta precauzione (ricorrendo a una schiumarola) quando la consistenza è ancora integra.
Procedere a parte alla cottura, sempre in acqua leggermente salata, degli anelli di calamarata e dei ditalini rigati.
Quando le tre tipologia di pasta sono pronte, passare al comdimento dei ditalini utilizzando tre boule diverse: una per la carbonara, con la crema a base di tuorlo, pecorino e grasso fuso di guanciale; una per l’amatriciana e una per la gricia, condita con grasso di guanciale, guanciale croccante e pepe di Sichuan.

 

Impiattamento:
Una volta riempiti i conchiglioni con le tre varietà di pasta, si può procedere all’impiattamento dopo aver disposto nel piatto, leggermente disallineati, i tre anelli di calamarata che fungono da supporto ai conchiglioni. Inserire nel lieve incavo che viene a crearsi tra i conchiglioni il cremoso di pecorino.
Una spruzzata di pepe di Sichuan, e la “La Stele di Rosetta: conchiglioni ripieni con ditalini ai 3 guanciali” è pronta.

 

Bevanda consigliata:
Cabernet Riserva DOC Wassererhof 2020.
Per l’abbinamento con la ricetta de “La Stele di Rosetta: conchiglioni ripieni con ditalini ai 3 guanciali”, piatto al quale si può accostare anche un ottimo vino bianco (o un prosecco), abbiamo scelto un rosso di eccellenza, considerato un autentico capolavoro della vinificazione altoatesina e della provincia di Bolzano in particolare.
Il Cabernet Riserva DOC Wassererhof 2020 presenta un colore rosso intenso con riflessi violacei che anticipano grande intensità e potenza. Il suo bouquet è caratterizzato da una ricca varietà di aromi, tra cui frutti di bosco scuri, amarene, note speziate di vaniglia e tabacco e sottili sentori di caffè tostato e cioccolato fondente.
Ideale per abbinamenti con filetti di manzo, formaggi a pasta dura e costolette di agnello, si rivela altrettanto indicato anche per accompagnare primi piatti a base di guanciale come “La Stele di Rosetta: conchiglioni ripieni con ditalini ai 3 guanciali”.
La temperatura di servizio è compresa tra i 17 e i 19 gradi.

Chef Giorgio Rosato

 

Guarda le foto: